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Demenza: fattori di rischioSALUTE

Demenza: fattori di rischio

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Con il termine demenza si intende una compromissione mnesica associata a disturbi cognitivi (funzioni prassiche, fasiche, gnosiche, pensiero astratto e capacità critiche), tali da determinare una compromissione dell’attività sociale e lavorativa del soggetto. Persone affette da forme di demenza manifestano un aumento di difficoltà nell’organizzazione e nella pianificazione del proprio quotidiano.

 

Che cos’è la demenza?

I  numeri che riguardano la malattia di Alzheimer o comunque lo sviluppo della demenza  nella vecchiaia sono impressionanti: la problematica, infatti, riguarda oggi 47 milioni di persone nel mondo, che si stima diventeranno 66 milioni nel 2030 e 115 milioni nel 2050. Lo sviluppo di demenza è connesso con l’allungarsi dell’ aspettativa di vita.



 

Cause reversibili di demenza

Sono definite cause non reversibili o croniche quelle patologie che causano demenza senile e non possono né guarire, né regredire ma possono soltanto aggravare il loro quadro clinico nel tempo.

 

 


Morbo di Alzheimer

Il morbo di Alzheimer è la forma di demenza più comune nell’anziano, rappresenta il 50-80% dei casi di demenza. La frequenza aumenta con l’età. Un termine generale che si riferisce alla perdita di memoria e di altre abilità intellettuali talmente gravi da interferire con la vita quotidiana.

Demenza vascolare

La demenza vascolare rappresenta il 15% delle demenze.

E’ possibile ricondurre le demenze vascolari a tre sottogruppi:

  • demenza multi-infartuale 
  • demenza causata da lesioni cerebrali  
  •  encefalopatia arteriosclerotica

Demenza frontotemporale

La demenza frontotemporale (DFT) è una forma rara di demenza che colpisce prevalentemente le persone tra i 50 e i 60 anni. La DFT provoca una degenerazione progressiva dei lobi cerebrali frontali e temporali. A seconda delle aree colpite dalla degenerazione cerebrale, la malattia può riguardare i lobi frontali, causando  cambiamenti nel comportamento oppure alterazioni dell’emotività e della personalità, oppure può riguardare i lobi temporali associati alle nostre capacità di comprendere ciò che vediamo e ascoltiamo o sentiamo.

Demenza di Lewy 

Inizialmente ritenuta rara, questo tipo di demenza viene oggi considerata la forma degenerativa più frequente dopo l’Alzheimer. Il suo nome deriva dal fatto che, all’interno di alcuni neuroni dell’encefalo si formano degli aggregati proteici insolubili chiamati corpi di Lewy. I corpi di Lewy sono gli stessi agglomerati di alfa-sinucleina, una proteina che si riscontra nelle cellule del cervello dei malati di Parkinson. I suoi punti cardine sono una compromissione cognitiva e la compromissione motoria.

Malattia di Huntington 

E’ una causa di demenza presenile, si manifesta intorno ai 35-40 anni, ed è causata da un’alterazione di tipo genetico. Provoca una degenerazione dei neuroni inibitori che utilizzano il GABA come neurotrasmettitore​.

Demenze reversibili

 

Alcune condizioni possono causare oppure imitare i sintomi della demenza. Una piccola percentuale di  demenze sono reversibili cioè i sintomi regrediscono se il problema viene trattato.

  • Lesioni traumatiche alla testa: traumi conseguenza di incidenti o la pratica di sport aggressivi (pugilato) potrebbero causare danni al cervello e portare alla demenza.
  • Infezioni cerebrali: meningite, encefalite.
  • Idrocefalo a pressione normale: se diagnosticato in tempo la pressione può essere ridotta con uno shunt che impedisce il peggioramento della demenza.
  • Disturbi metabolici: ipotiroidismo, malattie del fegato e del pancreas posssono portare a demenza interrompendo  l’equilibrio si sali e altre sostanze chimiche nel sangue.

 

Altre possibili cause


  • Calo dell’udito.  La perdita di udito alla mezza età pesa sullo sviluppo di demenza per un 9 %; chi non sente e non si cura tende a isolarsi e non avere più rapporti sociali.
  • Mancanza d’istruzione. E’ un altro fattore di rischio: chi non ha completato il ciclo di istruzione secondaria vede aumentare l’incidenza dell’ 8%.
  • Il fumo. Aumenta il rischio del 5%. Smettere è sempre d’aiuto a qualsiasi età.
  • Stato depressivo. Il mancato trattamento di uno stato depressivo aumenta il rischio di demenza del 4%.
  • La sedentarietà. E’ un fattore di rischio e incide sul rischio del 3%.
  • Isolamento sociale. Indipendentemente dal motivo che la provoca, alza il rischio del 2%. così con ipertensione non tenuta debitamente sotto controllo e prevenire e controllare il diabete di tipo 2.

 

 

Diagnosi

 


Disturbo neurocognitivo maggiore. Non esiste un esame specifico per determinare uno stato di demenza. I medici diagnosticano la demenza  attraverso un’attenta anamnesi medica.

Evidenza di un significativo declino cognitivo da un precedente livello di prestazione in uno o più domini cognitivi (attenzione complessa, funzione esecutiva, apprendimento e memoria, linguaggio, funzione percettivo-motoria).

  1.  Declino delle funzioni cognitive;
  2.  Significativa compromissione della performance cognitiva, preferibilmente documentata da test neuropsicologici standardizzati o in assenza, da una valutazione clinica standardizzata.

I deficit cognitivi interferiscono con l’indipendenza nelle attività quotidiane (per es. necessitano di assistenza nelle attività strumentali complesse della vita quotidiana come pagare le bollette oppure gestire i farmaci).

I deficit cognitivi non si verificano esclusivamente nel contesto di un delirium.

I deficit cognitivi non sono spiegati da un altro disturbo mentale (per es.. disturbo depressivo e schizofrenia o altre condizioni patologiche di malattia​).





Disturbo neurocognitivo lieve. I criteri diagnostici prevedono un modesto declino cognitivo da un precedente livello di prestazione  in uno o più domini cognitivi (attenzione complessa, funzioni esecutive, apprendimento e memoria, linguaggio, funzione percettivo-motorio o cognizione sociale) basato su preoccupazione dell’individuo, di un informatore attendibile o del clinico che vi è stato un lieve declino delle funzioni cognitive e una modesta compromissione della performance cognitiva preferibilmente documentata da test psicologici standardizzati. I deficit cognitivi non interferiscono con l’indipendenza nelle attività quotidiane.

(per es. attività come pagare le bollette, gestire i farmaci sono conservate ma richiedono uno sforzo maggiore). I deficit cognitivi non si verificano nel contesto di un delirium, i deficit cognitivi non spiegati da un altro tipo di disturbo mentale.

 

Trattamento della demenza 


Il trattamento della demenza dipende dalla causa. Nel caso di forme di demenza avanzate (morbo di Alzheimer) non c’è un trattamento per rallentare la progressione della malattia. Ci sono tuttavia delle terapie farmacologiche che possono migliorare temporaneamente i sintomi. Le stesse medicine utilizzate per curare il morbo di Alzheimer  sono tra i farmaci che a volte vengono prescritti dai medici alle persone che soffrono di alcune forme di demenza.

 

 

Le attività salva cervello 

Esistono attività per tenere in allenamento il cervello?

La società italiana di neurologia (SIN) afferma che studi recenti hanno dimostrato che il cervello ha la capacità di resistere al danno innescato dalle patologie neurodegenerative. Nella malattia di Alzheimer, tale danno, è legato al progressivo accumulo della proteina beta-amiloide, che danneggia i neuroni e la sinapsi.

A tale capacità di resistere intrinseca è stato dato il nome di “riserva cognitiva”, che indica che quanto più il cervello è allenato da un’attività cognitiva e possiede un elevato background di istruzione e attività che lo impegnano tanto più è in grado di supplire al danno neuropatologico formando nuovi collegamenti tra i neuroni i superstiti. Da questo ne deriva che non solo l’istruzione, le attività lavorativa, nonché tutte le attività che impegnano le facoltà cognitive di memoria, quale enigmistica, giocare a carte, attività di gruppo, sono in grado di tenere allenato il cervello e di contrastare l’avanzata del processo neurodegenerativo. Va quindi evitato l’isolamento dei pazienti  e va stimolata al massimo la partecipazione alle attività che impegnano il cervello.

 

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