Sindrome di Ménière
Che cos’è la sindrome di Ménière ?
La sindrome di Ménière è una patologia idiopatica dell’orecchio interno caratterizzata da ricorrenti episodi vertiginosi, calo uditivo, fullness e acufeni. È una malattia alla cui base vi è un aumento di volume dell’ endolinfa (idrope endolinfatico), con distensione e forse rottura del labirinto membranoso, che determina ipoacusia neurosensoriale fluttuante e crisi recidivanti di vertigine oggettiva della durata di alcune ore, seguite da benessere.
Sindrome di Ménière: eziopatogenesi
Nella maggior parte dei casi la sindrome di Ménière è idiopatica. Occasionalmente si manifesta in presenza di malformazioni dell’orecchio interno o in esiti di traumi occasionali o iatrogeni.
Alla base dell’idrope via è, comunque, la presenza di fattori favorenti e scatenanti.
I fattori favorenti giustificano una ridotta capacità di riassorbimento dell’ endolinfa e sono:
- Ostruzione del dotto endolinfatico
- Disfunzione del sacco endolinfatico
- Malformazioni dell’orecchio interno
- Presenza di una lesione occupante spazio a carico dell’angolo ponto-cerebellare o del condotto uditivo interno (evento poco comune).
I fattori scatenanti, raramente identificabili, sono quelli che determinano un aumento della produzione di endolinfa non compensata da un adeguato riassorbimento e causano la crisi acuta.
I più comuni fattori scatenanti sono:
- Una ridotta assunzione di liquidi con una dieta che determina una maggiore produzione di ormone antidiuretico, ormone che controlla anche la produzione di endolinfa (su questo aspetto non vi è, tuttavia un accordo tra gli autori, infatti secondo alcuni la crisi sarebbe indotta da un eccessivo apporto idrico).
- Uno stato di stress e affaticamento
- Traumi cranici
- Interventi chirurgici sull’orecchio
- Condizioni climatiche (è stata dimostrata una netta incidenza di crisi di vertigine nel passaggio tra inverno e primavera e in seguito a rapide mutazioni della pressione atmosferica).
Fattori genetici, anatomici, infiammatorie, allergici, autoimmunitari, traumatici, sono stati ipotizzati per giustificare l’origine del fenomeno idropico, ma oggi si è ben lontani da una sufficiente comprensione del meccanismo eziopatogenetico.
Quali sono i sintomi della sindrome di Ménière ?
- È caratterizzata da una vertigine acuta, intensa, accompagnata da nausea e vomito, che costringe il paziente a letto, normalmente coricato sul lato sano.
- La crisi acuta ha una durata di circa 1- 4 ore seguita da benessere.
- Solitamente, ma non è regola, la vertigine è accompagnata da acufene, senso di pienezza auricolare e ipoacusia unilaterale. Il disturbo uditivo può precedere la vertigine o presentarsi associato a essa.
- Le crisi si manifestano in modo imprevedibile non determinabili. In linea di massima, con il passare degli anni, le crisi di vertigine tendono a divenire più frequenti ma meno intese e più brevi, mentre l’ipoacusia, che è inizialmente fluttuante tende a diventare cronica, con la persistenza di un deficit uditivo e acufeni.
- Nella maggior parte dei casi la malattia è monolaterale. Forme bilaterali sono state descritte nel 10% dei casi e la loro percentuale è direttamente proporzionale alla durata della malattia.
- Il sintomo di insorgenza è l’ipoacusia nel 40% dei casi, vertigine del 20% dei casi mentre nel restante 40% la malattia si manifesta fin da subito con vertigini e ipoacusia associate.
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Sindrome di Ménière: diagnosi
- In accordo con i criteri proposti dalla “Committee on Hearing and Equilibrium” si parla di SM certa quando si realizzano due o più episodi di vertigine tipica, associati a calo uditivo e acufeni e/o fullness auricolare.
- Si parla di probabile SM quando si realizza un episodio vertiginoso accompagnato o meno da altri sintomi.
La patologia dopo un periodo iniziale sintomatico presenta nel 60-70% dei pazienti una fase di stabilizzazione. In un paziente su quattro la patologia manifesta un andamento progressivo invalidante. È possibile l’evoluzione in sindromi bilaterali in un intervallo di tempo e una frequenza estremamente variabili. L’audiometria consente di apprezzare la presente nella maggior parte dei casi un’ ipoacusia neurosensoriale; occasionalmente, in uno stadio molto precoce della malattia, vi un’ ipoacusia trasmissiva o mista.
Terapia
La terapia della fase vertiginosa acuta si affida a farmaci sintomatici quali sedativi centrali (benzodiazepine, antistaminici centrali e antiemetici); oppure a farmaci dai quali ci si aspetta un’ efficacia specifica per la forma idropica quali steroidi, glicerolo e camera iperbarica.
Superata la fase acuta si possono instaurare differenti protocolli terapeutici per un lasso di tempo di prova.
I farmaci più comunemente utilizzati sono rappresentati dai cortisonici, dai diuretici, dagli antistaminici centrali e dagli anticolinergici.
La perfusione dell’orecchio interno con farmaci ototossici è diventato il trattamento di prima scelta per il controllo della vertigine nei casi disabilitanti, che non tendono a una stabilizzazione delle vertigini. Essa consiste nell’iniezione transtimpanica nell’orecchio medio di gentamicina, aminoglicoside ototossico prevalentemente sulla componente vestibolare.
L’obiettivo del trattamento è la riduzione della gravità dell’incidenza degli attacchi di vertigine rotatoria, a fronte del quale si può avere la persistenza di una sensazione di instabilità e disequilibrio. Nei pazienti che non rispondono al trattamento con gentamicina, è indicato l’intervento di neurectomia vestibolare o labirintectomia.
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